Diluizione, il segreto di ogni cocktail perfetto

di Niccolò Amadori | 

Quando si parla di cocktail, spesso ci si focalizza sugli ingredienti, sulle tecniche di miscelazione, le nuove tecnologie disponibili o sulla presentazione. Tuttavia, un elemento spesso trascurato, ma essenziale per creare un drink equilibrato, è la diluizione, ossia il processo con cui l’acqua viene incorporata in un cocktail, principalmente attraverso il ghiaccio, durante la preparazione.

Potrebbe sembrare un dettaglio banale, ma questa componente influenza direttamente il gusto, la texture e la temperatura del drink. Un cocktail non diluito rischia di essere troppo intenso o sbilanciato, mentre un drink eccessivamente annacquato perde di corpo e sapore.

Il ruolo del ghiaccio nella diluizione

Il ghiaccio è il principale strumento di diluizione. La purezza dell’acqua utilizzata per il ghiaccio è fondamentale. Un’acqua ricca di minerali può alterare il gusto del drink, mentre l’acqua distillata o filtrata garantisce una diluizione pulita. Anche la dimensione del ghiaccio influisce: più è grande il ghiaccio che utilizzeremo per diluire, più lenta e controllata sarà la diluizione.

Quando si prepara il ghiaccio in casa, in particolare, è fondamentale prestare attenzione alla qualità dell’acqua: quella del rubinetto, se non filtrata, può contenere cloro o minerali che alterano il sapore del drink.

Per un ghiaccio impeccabile occorre utilizzare acqua filtrata o distillata e farla bollire due volte prima di congelarla, perché questo elimina l’ossigeno in eccesso, prevenendo la formazione di bolle d’aria e consentendo così di creare cubetti limpidi. Infine, occorre congelare lentamente in uno stampo isolato, per garantire una cristallizzazione uniforme.

Un ghiaccio limpido e puro, infatti, non è solo esteticamente piacevole, ma eleva la qualità del cocktail, garantendo una diluizione ancora più lenta.

Mixing glass: vetro o acciaio?

Il mixing glass è uno strumento cruciale per la preparazione di cocktail che richiedono la tecnica “stirring”. La scelta tra vetro e acciaio dipende dal tipo di cocktail e dal controllo che si desidera avere sulla diluizione. Il vetro è il materiale tradizionale, che viene scelto per la sua trasparenza e stabilità, e ha una conduzione termica inferiore rispetto all’acciaio. Ciò significa che rallenta la dispersione del freddo, permettendo una diluizione più graduale e controllata. L’acciaio inox, invece, raffreddandosi più rapidamente, offre un abbattimento della temperatura immediato e una diluizione più rapida. È però importante assaggiare costantemente, per evitare di farsi ingannare dalla temperatura esterna, che spesso non è mai uguale a quella del liquido all’interno del mixing glass.

Come misurare la diluizione

Non esiste una formula universale per la misura della diluizione, ma si può fare riferimento ad alcuni chiari parametri: la temperatura e il gusto. Un cocktail ben diluito sarà freddo al punto giusto, senza essere ghiacciato o insapore e ogni elemento dovrebbe fondersi in un’armonia perfetta, con l’alcol che bilancia zucchero e acidità. La diluizione è un’arte sottile, ma fondamentale. Dal ghiaccio, alla scelta della tecnica, allo strumento. Ci sono anche diverse linee di pensiero sui cocktail pre-diluiti con la giusta quantità di acqua già in bottiglia e conservati alla temperatura perfetta in freezer o frigo, o sui cocktail alla spina. Qual è la scelta migliore? Credo che occorra provare quante più alternative possibili per poi scegliere l’opzione più adeguata al nostro gusto personale e al tipo di locale in cui si lavora. Del resto, questo è il bello della miscelazione: non ci sono severi dogmi da seguire.


Chi è Niccolò Amadori

Appassionato fin da piccolo del mondo dell’ospitalità, inizia la sua carriera a Cervia, nel locale di famiglia, durante gli anni del liceo, a 16 anni. Dopo un’esperienza lavorativa a Milano presso il locale Ceresio 7, a 21 anni parte per Sydney, dove lavora presso il Bar Conte, un cocktail bar italiano specializzato in liquoristica e Negroni. Dopo sei mesi, rientra in Italia per lavorare nel locale di famiglia, ALTO Rooftop, dove nel frattempo, a distanza, ha organizzato un Cocktail Festival al quale prendono parte 15 tra le figure più influenti della Bar Industry. Dopo la stagione estiva a Cervia, si trasferisce a New York. Nella Grande Mela lavora per MACE e Martiny’s, seguendo per quest’ultimo, come Head Bartender, l’apertura del sister-bar L’Americana. Attualmente è impegnato a consolidare il brand di ALTO e del Cocktail Festival.