di Giovanni Campari | Praticamente ogni giorno assistiamo attraverso Instagram e Facebook alla nascita di una nuova marca di Gin, con inserzioni sponsorizzate, bottiglie stravaganti, etichette più o meno accattivanti, contenuti che si sforzano di attirare l’attenzione di un pubblico che sembrerebbe non aspettare altro che provare un “nuovo gin”. Ci sono poi locali che fanno a gara per avere la più ampia selezione di Gin: ne conosco uno che ne ha quasi 500 ed il suo titolare pubblica costantemente storie e reels in cui decanta le caratteristiche dell’ultima bottiglia che ha avuto sottomano, addirittura un Gin prodotto con botaniche cresciute su escrementi di elefante. Io mi pongo una semplice domanda: abbiamo davvero bisogno di tutta questa novità? Ovvero, il mercato richiede questi prodotti, oppure sono solo dei pretesti per dare al barman di turno una storia stravagante da raccontare? Ma se ci fermiamo alla storia, seppur parte importante della vendita al bancone, o alla presentazione della bottiglia, il contenuto non rischia di cadere in secondo piano? La moda del Gin è ancora così in voga? E quale è il suo pubblico? Lascio ad altri il compito di dare risposta a queste domande, ma cerchiamo perlomeno di fare chiarezza e spiegare perché i Gin non sono tutti uguali.
Tipologie di Gin
Esistono sostanzialmente due tipologie di gin: i gin distillati e quelli non distillati (nell’UE il riferimento normativo per i Gin è il Regolamento Europeo 110 del 2008). Tutti i Gin vengono prodotti a partire da un alcol neutro (dovrebbe essere perlomeno un NGS, neutral grain spirit, cioè un alcol proveniente da cereali), che costituisce una parte importante della materia prima del Gin: deve essere neutro, cioè pulito al gusto e all’olfatto, e non avere tracce di sostanze aromatiche volatili derivate dalla fermentazione alcolica da cui ha avuto origine. Idealmente, dovrebbe essere puro quasi come una buona Vodka. Questo alcol generalmente si acquista da distillerie specializzate nella produzione di NGS, che hanno impianti continui a colonna deputati a questa produzione specifica. Alcune distillerie di Gin se lo producono direttamente, ma sono casi piuttosto rari.
I distillati: Dry Gin
A differenza di quasi tutti gli altri distillati, i Gin non provengono da una fermentazione che ne determina le caratteristiche organolettiche, ma vengono costruiti su una base di NGS attraverso l’utilizzo di botaniche, ginepro ed altre erbe, frutti, fiori o spezie, che vengono immerse in una soluzione idroalcolica e distillate in un alambicco. Gli olii essenziali contenuti nelle botaniche sono estratti dalla parte alcolica; ciò che avviene grazie alla distillazione è la separazione dalla parte acquosa della parte alcolica e con essa il trasporto delle componenti aromatiche (Ndr: vedi l’articolo Distillazione sul numero 2 di Mixology Mag). Nei Gin distillati, detti anche Dry Gin, è necessario partire da una distillazione perlomeno del ginepro, che può essere “corretta” aggiungendo olii essenziali al distillato. Rispetto ai London Dry, questi Gin hanno un disciplinare molto più flessibile: sono, in pratica, dei gin a cui si possono aggiungere altre sostanze aromatiche alla fine della distillazione. In alternativa è permesso anche distillare diverse botaniche separatamente e poi assemblare i distillati tra loro (distilled compound). All’interno della categoria dei Dry Gin troviamo i London Dry. Il procedimento del London Dry è molto semplice: le botaniche sono macerate in una soluzione idroalcolica e sono distillate tutte insieme nella caldaia dell’alambicco (pot still) oppure in corrente di vapore (carter head); dopo la distillazione non è possibile aggiungere nessun aroma, ma è concessa solo una piccola quantità di zucchero, anche se i puristi non aggiungono nulla. Il grado alcolico del cuore al termine della distillazione, cioè quello che si salva dal taglio delle code, non può superare i 70% ABV e il limite ammissibile di alcol metilico è di 5 g per HL di alcol etilico anidro. È un limite molto basso, ma poiché si parte da alcol NGS, già accuratamente rettificato, i livelli di metanolo sono sempre ben al di sotto di questa soglia. Questo è il motivo per il quale i Gin distillati sono molto puliti: il loro alcol è distillato due volte. Non è consentito per legge aggiungere alcuna sostanza aromatica, mentre è permesso l’uso di alcol puro per diluire il cuore e di acqua per raggiungere la gradazione desiderata per l’imbottigliamento, che deve essere uguale o maggiore di 37,5% ABV.
I non distillati: Compound
I Gin non distillati sono i cosiddetti Compound, Gin ottenuti a partire da un NGS a cui sono state aggiunte delle sostanze aromatizzanti. I Compound sono sostanzialmente di due tipi: i Bathtub Gin e i Compound veri e propri. I primi, il cui significato letterale è “Gin della vasca da bagno”, sono prodotti con una tecnica utilizzata durante il periodo del proibizionismo: il distillato NGS viene messo in infusione a freddo con il ginepro e le altre botaniche. In pratica, è come se si trattasse di un London Dry non distillato. La macerazione conferisce sapori e aromi per infusione, ma anche colore; dopo un certo periodo di tempo il liquido viene filtrato ed eventualmente rettificato, per essere poi imbottigliato. Questi Gin hanno una colorazione tendente al giallognolo e a volte non sono perfettamente limpidi. I Gin Compound, invece, sono sostanzialmente degli NGS a cui sono stati aggiunti aromi sotto forma di olii essenziali: non occorre nemmeno filtrare, ma solo diluire l’NGS con acqua per portarlo al grado desiderato e imbottigliare. Questo è il metodo di produzione più in voga negli ultimi anni, per ragioni molto semplici: costa molto meno di un gin distillato (non bisogna distillare, perciò si hanno costi energetici pari quasi a zero) e non c’è il problema dello scarto delle code, quindi si hanno rese maggiori. Tuttavia, a mio avviso, la finezza di un London Dry distillato con maestria e arte non sarà mai paragonabile a nessun Compound, perché nella distillazione si va a ripulire ulteriormente il distillato NGS di base e gli aromi si fissano in una maniera molto più stabile e integrata rispetto a quelli aggiunti in un Compound.
Diluizione e Filtrazione
Il “cuore” della distillazione di un Gin distillato viene generalmente diluito e filtrato prima di essere imbottigliato. La diluizione viene fatta con acqua pura avente pochi sali disciolti, meglio se demineralizzata. Una volta diluito, può accadere che il Gin si intorbidisca o assuma delle sfumature tendenti all’azzurro: questo effetto è dovuto all’instabilità degli olii essenziali e di alcune sostanze poco solubili e si verifica maggiormente a basse temperature. Può accadere anche che l’instabilità di questi composti colloidali, il cosiddetto “chill haze”, vada a precipitare creando un piccolo sedimento bianco sul fondo della bottiglia. Per ovviare a questo inconveniente si è soliti filtrare a freddo il gin (N.d.A: avviene anche per molti altri distillati), infatti a temperature inferiori allo zero le sostanze oleose cristallizzano e vengono trattenute dalla membrana di un filtro. Minori sono le temperature di filtrazione e più piccoli i pori della membrana e maggiore sarà l’allontanamento di queste sostanze, ma anche maggiore sarà la perdita di composti aromatici. Perciò è molto importante che un distillatore abbia bene in mente il prodotto che vuole ottenere già prima di andare in alambicco, il che significa disegnare la ricetta in funzione anche del tipo di trattamento di stabilizzazione che si vuole eseguire.
Quale futuro?
Molti affermano che quella dei Gin sia una moda destinata a finire, mentre alcuni dicono che siamo già nella fase calante. Eppure, il settore del Gin non dà segni di debolezza, continua a crescere, seppur con un ritmo leggermente minore di qualche tempo fa, ed è stato per anni il prodotto trainante della crescita del settore spirits a livello globale. Oggi in Italia abbiamo circa 900 marche di Gin. Ma quale è il futuro di questo distillato? Il Gin è così diffuso perché è relativamente facile da produrre, soprattutto nel caso del Compound: si potrebbe fare con attrezzature minime, addirittura a livello domestico. Molte piccole distillerie o liquorifici si offrono per produrre in conto terzi, persino via internet è possibile richiedere un gin personalizzato e sceglierne le botaniche (sic!). Questo scenario è avvilente per chi il prodotto lo fa con cura, attenzione, ricerca e passione, ma, del resto, è il mercato che decide e se il mercato richiede la costante novità, è normale che nascano in continuazione nuove marche di Gin, prodotti con l’ingrediente più stravagante che offra un argomento di vendita. Non sappiamo che evoluzioni avremo nel futuro, ma ritengo che le aziende che sapranno mantenere la qualità e comunicare con coerenza i valori del proprio brand saranno quelle che avranno più chance di restare sul mercato.
Chi è Giovanni Campari
Classe 1977, laureato in Scienze e Tecnologie Alimentari, è mastro birraio con un track record internazionale di successo. Dopo 13 anni vende il suo Birrificio del Ducato al gruppo belga Duvel-Moortgat e si dedica a TERRA – wild spirits, il suo progetto di distillati che raccontano le terre. Inizia nel 2021 con Gin Terrae, tre London dry gin da botaniche selvatiche raccolte a mano in tre regioni italiane, e prosegue in Messico con la linea Padres de la Tierra, un Sotol, un ensamble e un destilado de agave azul. È stato il primo europeo a produrre un Sotol in Messico.
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