Benvenuti in Asia

di Patrick Pistolesi | La miscelazione in Asia è un viaggio incredibile. Ricordo ancora quando, vent’anni fa, si parlava di mitologici bartender giapponesi che utilizzavano le tecniche dei loro maestri, ispirati dalle onde del mare e dal bushido, impegnati ad affrontare il proprio mestiere come una missione, una vocazione. A guidarli, la via della spada, il codice dei Samurai! Sembra una vecchia leggenda, ma è davvero così: l’arte dell’ospitalità in Oriente è una cosa seria. Permea tutti i luoghi: i ristoranti, le bancarelle, i mezzi pubblici, i negozi. Ovunque si resta ammaliati dal fascino di quei timidi sorrisi che ti invitano a entrare nelle loro piccole botteghe, che raccontano il passaggio di più di una generazione tra quelle mura, gesti armoniosi ripetuti all’infinito, ogni giorno uguali, ogni giorno migliori. L’Asia è un continente enorme, che trasuda cultura, dal più piccolo villaggio alla metropoli. Ho avuto la fortuna di visitarla spesso e di apprezzarne le usanze, ma a ogni viaggio che compio, mi ritrovo travolto da una bellezza e una complessità che non hanno eguali.

Tappa obbligata a Hong Kong

Ogni grande città in Asia ha il suo stile di miscelazione. Ultimamente sono stato a Hong Kong e la città mi ha impressionato per la grande stratificazione di epoche e culture che la contraddistinguono. Nella città di Bruce Lee, ex colonia britannica, ricca di fascino e storia, un ottimo inizio per entrare nel mood asiatico, si può gustare delizioso street food o rimanere abbagliati dal lusso sfrenato di alcuni alberghi o, ancora, scovare perle nascoste come il Coa, un’agave bar in una via remota, con pochi posti a sedere ma drink e un’atmosfera eccezionale. Per drink particolari che strizzano l’occhio a nuove tecniche di miscelazione è d’obbligo invece visitare il Quinary: qui trovate uno stile industriale e un ambiente vibrante. E l’esperienza sensoriale è unica. Se cercate qualcosa di più lussuoso, bisogna andare a visitare alberghi colossali come il Rosewood, nel cui interno troverete il magnifico Dark Side. Qui, su divani lussuosi e una vista mozzafiato sull’acqua, troverete un ragazzo sorridente che vi accoglierà con un ‘’buona sera’’: è il bar manager Simone Rossi, che dirige questo gioiello. Ma non è l’unica sorpresa italiana ad Hong Kong: un professionista molto noto, Lorenzo Antinori, ha aperto qui un bar ‘romano’ come lui, un luogo che ricorda i vecchi bar di quartiere “romanacci”, con tanto di poster storici appesi, da Francesco Totti  e Papa Giovanni Paolo insieme. Ma il Bar Leone, così si chiama il locale, è molto molto di più: Lorenzo è una vecchia volpe della miscelazione e, oltre a servire pizza bianca con la mortadella, quel “pizza e mortazza” da provare assolutamente, versa cocktail squisiti, della tradizione e non solo. Insomma, a Hong Kong i bar si sono moltiplicati a vista d’occhio negli ultimi anni. C’è stata una vera e propria esplosione di locali, anche grazie a molti expat e alla spinta arrivata dai 50 best Asia.

Due passi nel futuro a Singapore

Altra città da citare è sicuramente Singapore. Anche qui negli ultimi anni i locali si sono moltiplicati e ne ho contati più di un centinaio di molto validi. Moderna, crocevia di tante culture, Singapore è una città-stato con una solida comunità indiana concentrata nel quartiere Little India: qui si trova The elephant room, cocktail bar immerso nei profumi e nelle spezie. Girando per la città è bello perdersi nei mercati e assaggiare meravigliosi piatti esotici, ma a colpire è la sua proiezione verso il futuro: pulita, organizzata, divertente, Singapore è un vero e proprio omaggio al domani, un centro economico mondiale che attrae lavoratori di settori diversi e portatori di diverse culture. Qui non ci si annoia: ci sono street bar famosissimi, come Nutmeg & Clove o Employees Only, e bar dallo stile incredibile come il Manhattan, dentro un albergo extra lusso, e l’iconico Atlas, con la sua Gin tower, unica al mondo con i suoi oltre 1.300 Gin in mescita. Non solo camminare per le strade di Singapore e visitare attrazioni come i Gardens by the bay o le luci di Marina Bay vi faranno sentire un cittadino del futuro: il clima tropicale e la mescolanza di lingue e culture rendono Singapore un grande set cinematografico.

Tokyo: è qui l’essenza dell’ospitalità

Se dobbiamo parlare di cinema o di sogni ad occhi aperti, però, a mio avviso su tutti vince il Giappone. Nessun altro luogo ti può preparare a un tipo di ospitalità unica, fatta di gesti al contempo sinuosi, vigorosi e attenti: c’è un’armonia nell’ambiente di un bar Omakase in Giappone che sembra addirittura non appartenere a questo pianeta. Nel Paese del Sol levante ogni mestiere è un’arte, che viene molto spesso tramandata da maestro ad allievo nel corso degli anni. Lavorare è una missione, un destino, e questo vale anche per il bartending: nonostante la nostra attività in Giappone non abbia nemmeno un secolo di storia, è considerata con grande rispetto e serietà e obiettivo di ogni bartender è migliorarsi ogni giorno. Ma parlare di Giappone significa parlare di Tokyo, città vibrante, piena di luci che lampeggiano ovunque e che invitano a entrare in uno dei tanti locali. Avrete la sensazione di perdervi sul set di Blade Runner, ma vi potrete orientare guardando in alto e leggendo le insegne che, anche in un palazzo apparentemente anonimo, indicano uno o l’altro piano: sì, perché a Tokyo i bar sono al secondo o al terzo piano di un edificio qualsiasi. Eppure, in questa città nulla è lasciato al caso.

L’essenza della miscelazione di Tokyo si trova nel quartiere di Ginza: è il cuore pulsante del lusso e delle grandi maison di alta moda, dove sono nati i cocktail bar e dove si trova una vera e propria casta di Shogun del drink. È, questo, un luogo esclusivo, casa dei grandi barman e dei loro discendenti, veri e propri mostri sacri del settore. Per citarne alcuni: Uoeno San con il suo High Five, Mori San, Sakoh San e il grande maestro Kazuo Uyeda San con il suo Tender Bar, leggenda vivente, con oltre sessant’anni di esperienza al bancone, e fonte d’ispirazione per molti. Il Tender Bar ha solo nove posti a sedere, ma non è insolito a Tokyo trovare locali molto piccoli, non esiste il menù, e sarebbe una mancanza di rispetto chiederlo, si preparano solo cocktail classici e c’è un protocollo da seguire: essere un Gaijin, così i Giapponesi chiamano gli stranieri, può essere penalizzante se si entra senza una guida o un accompagnatore che parli giapponese e potrebbe capitare, se si occupa il posto di un cliente abituale, di essere respinti. Meglio, quindi, prepararsi a un rifiuto e accettarlo con filosofia, sapendo che non ha nulla di personale.  L’atmosfera è elegante, con musica jazz di sottofondo e lo schiocco dello shaker che scandisce il tempo. Il bar è di ciliegio chiaro, la bottigliera è minimale, pensata proprio per non confondere la scelta dell’ospite. Quando sono entrato al Tender Bar mi sono sentito come in un sogno: sono stato accolto con l’Oshibori, il tipico asciugamano umido offerto all’ospite per pulirsi le mani, e mi è stato presentato un White Lady servito in un bicchiere Kimura congelato dal maestro in persona, vestito con una giacca bianca, immacolata. Ho respirato tutta la liturgia e l’ospitalità del Ginza bar, Olimpo dei Sensei, dove ogni maestro utilizza la sua tecnica personale affinata negli anni, come il leggendario Hard Shake che Kazuo Uyeda tramanda ai propri adepti.

Se ci si sposta nel quartiere Shinjuku, invece, tutto cambia completamente: qui i cocktail bar sono spesso a tema ed è essenziale avere un concept. I bartender sono spesso proprietari di questi luoghi magici, che esprimo tutta la creatività dei loro ideatori. Grazie al mio talentuoso amico Yasuhiro Kawakubo, bar manager dell’hotel Edition Ginza, altro luogo da visitare, ho avuto accesso a mondi diversi e sapori incredibili, come quelli del bar Benfiddich, dove la miscelazione è basata sui prodotti della foresta e sul foraging (n.d.r. alimurgia: cibarsi di erbe e cibi spontanei), o l’SG Club del bravissimo Shingo Gokan, dove il focus è sul Shochu, il distillato di riso tipico del Giappone. Anche qui il dettaglio è al primo posto nel protocollo di servizio: i drink sono eseguiti con attenzione maniacale, ghiaccio cristallino e un’imparagonabile cura per l’ospitalità. Infine, non lasciate Tokyo senza prima esservi persi nei vicoli del Golden Gai: qui si possono trovare centinaia di locali piccolissimi, con quattro, cinque posti a sedere, ognuno a tema. Se avete una passione particolare, siano i vinili, i manga, il rockabilly o il dark pop, di sicuro troverete qui il vostro posto del cuore.


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