L’aroma in una goccia

di Pauline RosaCon il termine Bitter si possono intendere due distinte tipologie di prodotti legati al mondo della miscelazione. Citando e utilizzando la classificazione adottata da un libro che mi sta tanto a cuore, “Slow Drink” di Danny Childs, vi sono i Bitter potabili, consumati miscelati o da soli, e i Bitter non potabili, che vengono dosati solitamente in gocce, essendo molto più concentrati e avendo, quando presente, un più ridotto contenuto di zucchero.

Dalle apoteke ai bar   

C’è chi ne fa un largo uso, chi meno. Sedendosi al bancone dei bar, non si può evitare di notare piccole boccette dotate di contagocce (la regola della conservazione dei Bitter è quella di tenerli in un luogo asciutto e quanto più possibile riparato dalla luce). I packaging sono svariati, dai più classici ai più moderni, così come i luoghi di produzione, con ricette a base di botaniche più o meno note: Canada, Germania, Inghilterra. Vi sono poi gli home-made, preparati ad hoc dal team per creare unioni uniche con la propria proposta. Home-made che partono da zero, ma anche blend, creati utilizzando prodotti già esistenti per dare vita a sapori completamente nuovi. Salvo qualche eccezione, è importante saper usare queste gocce che, solitamente, sono sufficienti in minima quantità per impreziosire un drink.

Per definizione, i Bitter (aromatic Bitter/drops) sono concentrati aromatici (o aromatizzanti) nati dall’infusione in un alcolico neutro ad alta gradazione di radici, piante, foglie ma anche frutta e verdura (molto interessanti i Bitter al sedano, oliva e cetriolo di The Bitter Truth, ad esempio). Se in passato le proposte erano limitate, oggi in commercio si trovano i grandi classici ma anche flavour più gourmand, ora ampiamente utilizzati (come i chocolate Bitter).

Come tanti altre categorie di prodotti che hanno fatto le basi del mondo della miscelazione, i Bitter aromatici sono nati come medicine, soprattutto per alleviare i malanni di stomaco. Cito nuovamente Childs, che nel suo scritto parla della natura dell’essere umano, mammifero come tanti animali: la natura del mammifero è programmata per evitare sapori amari, perché richiamano il veleno. Quando viene digerita una sostanza amara, la produzione di saliva viene accelerata, così come gli acidi digerenti (succhi gastrici) e gli enzimi che accelerano il processo digestivo. Questo processo è conosciuto anche come effetto eupeptico: quando lo stomaco è vuoto, esso avvertirà una sensazione di fame. Quando è invece pieno, l’assunzione di alcol è gradita per aiutare la digestione.

I pionieri: Angostura e Peychaud’s  

Ogni bartender o professionista legato al mondo della miscelazione conoscerà brand come, entrambi presenti in molti cocktail classici, essendo nati nel XIX secolo.  Possiamo definire questi due prodotti come i pionieri della categoria, almeno a livello globale.

Angostura è un aromatic Bitter creato dal medico militare di origini prussiane Johann G. B. Siegert, impegnato nella guerra di indipendenza del Venezuela nell’armata di liberazione guidata da Simón Bolívar. Siegert sviluppò la ricetta con l’intento di stimolare la digestione e l’appetito dei soldati ammalati. Dopo circa quattro anni passati a studiare erbe e piante tropicali, diede alla luce un preparato (molto concentrato, da dosare con parsimonia) contenente Cusparia Febrifuga (Angostura trifoliata), pianta sempreverde tipica del Sudamerica, soprattutto in Venezuela e Perù, oltre a genziana, cardamomo, scorza di arancia e altri ingredienti mantenuti segreti. Si narra che solo cinque persone al mondo siano a conoscenza della ricetta del Bitter. Ora Angostura è prodotto a Trinidad e Tobago. Il packaging è iconico: il wrap oversize è stato frutto di un errore, ma è piaciuto così tanto che si è deciso di mantenerlo fino ai giorni nostri. Il prodotto è capace di bilanciare e legare gli aromi degli alcolici, andando a temperare gusti che possono essere troppo aciduli.

Un cocktail iconico che vede l’utilizzo di Angostura, oltre allo Champagne Cocktail, al Rob Roy e all’Old Fashioned (citandone alcuni), è sicuramente il Trinidad Sour. Il cocktail è stato creato nel 2009 da Giuseppe Gonzalez, bartender del Cover Club di Brooklyn. Ispiratosi a una ricetta vincitrice di un contest lanciato da Angostura, Gonzalez creò un twist sostituendo il limone al lime e il Rye whiskey al posto del Pisco. La particolarità di questo cocktail sta nel dosaggio: avendo la ricetta alla mano, si può notare infatti che sono previsti ben 45 ml di Angostura, facendone una preparazione ribelle nei confronti delle linee guida per i cocktail classici – fedeli all’utilizzo di un distillato o liquore come base. Il Trinidad Sour, apparentemente sbilanciato e strambo, è stato in grado di conquistare, grazie a un insieme ben equilibrato e una texture originale data dallo sposalizio tra orzata e Angostura. Il Trinidad Sour, che figura tra i cocktail IBA, categoria New Era, dedicata ai classici moderni, potrebbe essere un interessante cocktail, magari presentato con dei twist, per pairing culinari, vista la facilità nell’utilizzare Angostura anche con il food.

Questo Bitter, infatti, ben si sposa anche alla cucina: personalmente, ricordo mia nonna Ida utilizzare qualche goccia di Angostura nella preparazione di svariate ricette, dal pollo con la panna fino a carni preparate a cottura lenta, ma anche pesce e verdure.

Il Peychaud’s è invece creazione di un apotecario di origini creole haitiane, Antoine Amédée Peychaud. Queste gocce aromatiche sono un must nel classico Sazerac. Come il cocktail, Peychaud’s nasce a New Orleans nel 1830. L’apotecario creò un tonico liquido, la cui ricetta rimane segreta, servendolo a gocce nel Cognac per curare i più disparati malanni. Con il passare del tempo, la gente di New Orleans iniziò a desiderare Cognac con aggiunta di Peychaud’s anche nei locali della città.

Con un aroma che ricorda vagamente quello della gomma da masticare, Peychaud’s, a differenza di altri prodotti, presenta un corpo lieve e floreale e un colore tipicamente rossastro.

I Bitter a base di arancia  

Altra preparazione precorritrice della categoria è quella dei Bitter aromatici a base di arancia (solitamente amara). In commercio vi è un notevole numero di prodotti, dai brand storici a quelli più innovativi, ognuno con il proprio bilanciamento e complessità, dato dal dosaggio delle altre botaniche, e ognuno con una propria varietà di arance. Tra i vari utilizzi degli Orange Bitter, sia in ricette più fresche ed estive sia in altre che donano un caldo abbraccio durante i mesi invernali, interessante è quello in cocktail stile Martini, per un’alternativa al limone. Altamura, brand noto per l’utilizzo di una miscela di antiche varietà di grano duro originarie del comune pugliese per la produzione di premium Vodka italiana, ci propone Altamura Martini, suo marchio di fabbrica. La ricetta prevede 60 ml di Altamura, 20 ml di Vermouth di Torino Extra Dry e due gocce di orange Bitter.

A ciascuno il suo Bitter  

Ogni mixologist ha il suo stile di miscelazione e adotterà diverse tipologie di Bitter aromatici, dai più conservativi (utilizzati magari in drink che osano), ai più moderni e particolari (per twist sui grandi classici?). C’è chi è fedele ai pioneers della categoria, chi invece è incuriosito e innamorato delle proposte più pop, o chi apprezza altre declinazioni di Bitter tradizionali, come Amargo Chuncho, ingrediente indispensabile per la realizzazione di un Pisco Sour a regola d’arte, prodotto da botaniche della foresta amazzonica, poi affinate in botti. Tra queste vi è la china gialla (Cinchona calisaya), originaria del Perù e della Bolivia e presente e coltivata in tutta la fascia tropicale. A differenza della china rossa, questa varietà presenta un maggior contenuto di alcaloidi e sostanze aromatiche, facendone un ingrediente molto ambito per la produzione di amari e liquori.

Preparazione e botaniche

La preparazione di un Bitter aromatico prevede l’utilizzo degli ingredienti nella loro forma originale, essiccati o sotto forma di estratti disciolti in alcol, prevalentemente neutro. Il tutto deve essere lasciato in infusione per almeno un mese fino a tempi molto più lunghi – a seconda della tipologia di ingredienti scelti (cortecce e radici richiedono tempi minori, mentre frutta e fiori, ad esempio, vogliono tempi più lunghi), per poi venire filtrato. Spesso, essendo l’alcol di partenza prevalentemente di gradazione elevata, il preparato viene poi diluito per abbassare il contenuto di alcohol. Si può inoltre scegliere se aggiungere o no del dolcificante.

La gradazione alcolica del prodotto finale rimane tra i 25 e i 45 gradi. Vi sono diverse opzioni per la produzione: si possono preparare tinture separate, miscelandole poi a seconda della quantità desiderata, o dare vita a un unico liquido utilizzando più ingredienti. Quanto agli ingredienti che si possono utilizzare, le possibilità sono infinite: si può stare sul classico come si può osare con ingredienti non scontati. Radici, cortecce, semi, scorze, fiori, erbe, frutta e anche ortaggi. La cosa importante è che vi sia un agente amaricante, capace di creare l’effetto eupeptico di cui si parlava sopra.

Il potere dei Bitter aromatici

Bob Petrie, ex-Capo Pasticcere in rinomati ristoranti stellati Michelin a Londra, è la mente del progetto “Bob’s Bitters”, che ha portato alla nascita di una serie di Bitter capaci di conquistare l’industria dei bar, tanto da spingere Bob a sviluppare ulteriormente il concetto, creando prodotti a ingrediente singolo per esaltare specifiche note aromatiche nei cocktail. “I cocktail Bitter sono aromi sospesi in alcol, noti collettivamente come il condimento del bar o la colla che tiene insieme un cocktail. Proprio come i condimenti esaltano un piatto, i Bitter aggiungono complessità e bilanciano i sapori nei drink, alcolici e analcolici. Inoltre, sono eccellenti anche per insaporire ricette culinarie”, dice Bob. Le gocce aromatiche hanno un grande potere: se sapute utilizzare bene, capendone le caratteristiche organolettiche, esse possono dare nuovi sapori ai cocktail, mantenendone l’equilibrio e la struttura ed esaltando sapori che non sempre sono facili da cogliere. Non solo aggiungono l’amaro, ma anche nuove note, siano esse speziate, verdi, acide, piccanti o umami.


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