di Giovanni Campari | Ciò a cui stiamo assistendo negli ultimi anni non è soltanto un fenomeno circoscritto ad alcuni locali, ma una vera e propria tendenza: quello della Miscelazione Gastronomica pare essere un movimento ormai diffuso, che ha come obiettivo principale portare la gastronomia nel mondo della mixology, spesso interpretando in chiave liquida un piatto, ma anche proporre l’abbinamento gastronomico di cocktail pensati proprio in questa ottica.
Il mondo della miscelazione, dunque, può e vuole ambire a sostituire, sebbene in misura ancora marginale, il vino all’interno della ristorazione e non è un caso se nei migliori ristoranti inizia a comparire una cocktail list a fianco della carta dei vini e delle birre.
Ho voluto confrontarmi con alcuni barman del nord Italia che hanno sposato questa tendenza, interpretandola in modo magistrale e talvolta proponendosi come liaison tra la comunità degli chef stellati e quella dei barman. Ho chiesto loro che cosa significhi la miscelazione gastronomica e quanta importanza abbia nei loro locali, il rapporto con il mondo della ristorazione, con il territorio, con il pubblico e gli sviluppi che questa tendenza potrà avere.
Andrea Cason | Romeo | Verona
Iniziamo con Andrea Cason, fondatore di Bartenders.it, azienda specializzata in eventi beverage sul territorio nazionale e di Bartenders Academy, centro di formazione per barman operativo da 15 anni.
Cason è formatore e consulente per nomi come Diageo e Coca-cola, ed è docente e responsabile del programma di miscelazione di ALMA, la scuola internazionale di cucina italiana. Insieme a Marco Cosenza ed altri soci apre Romeo nel 2020, in un ex monastero risalente al 1100, nel centro di Verona.
“La gastronomia è qualcosa che si riferisce allo studio, alla pratica e alla conoscenza della cucina, delle tradizioni, delle tecniche e della cultura alimentare. Dell’arte da mangiare”, esordisce. “Se parliamo di miscelazione legata alla cucina, quindi legata alla gastronomia, Romeo è sicuramente un precursore, anche perché prima della sua apertura, quando lavoravo con grosse compagnie multinazionali, giravo per ristoranti o pizzerie cercando di far capire che anche un semplice Gin Tonic può andare in abbinamento con una pizza. Parlo di qualcosa che è cresciuto nel tempo e che oggi è esploso: lo vediamo con articoli su tantissime riviste che parlano di questo come un nuovo fenomeno, ma non è così.
Qualcuno ci crede già da tempo e qualcuno ci sta arrivando adesso. I concetti dell’abbinamento oggi sono molto importanti, il food pairing, però, deve essere fatto con cognizione di causa: ci sono delle regole, legate alle temperature dei drink, alle dimensioni, al grado alcolico, alla quantità di zuccheri, all’estetica, al costo e, ovviamente, al gusto.
Come sempre, l’abbinamento dei sapori può essere per armonia o per contrasto: alcuni drink si abbinano a dei piatti sostenendoli, altri per dare qualcosa che manca al piatto, creando un’esperienza completa tra pietanza e drink”.
Cason, lavorando con Alma, ha sempre avuto un legame serio e concreto con il mondo dell’alta cucina.
“La prima drink list di Romeo si chiamava ‘A la carte’ e voleva omaggiare i grandi chef della cucina internazionale, il loro stile e la loro visione della cucina e delle materie prime. C’erano rink dedicati al Noma di Copenaghen, al D.O.M. di San Paolo, al Pujol di Città del Messico ad Alinea di Chicago. In questo modo volevamo suscitare determinate sensazioni nei nostri clienti, risvegliare quell’emozione di chi aveva assaggiato i piatti di una certa tradizione e poteva ritrovarne i sapori nel cocktail”.
La nuova drink list di Romeo valorizza invece maggiormente il territorio: “Siamo partiti con dei cocktail sempre in stile gastronomico coinvolgendo però gli chef di ristoranti del Veneto, un po’ anche aiutati e spinti da Giancarlo Perbellini dei 12 Apostoli di Verona. Con grande stupore, mio e di Edoardo Bullio, Bar manager di Romeo, questi chef ci hanno accolto, ci hanno fatto capire il loro stile di cucina e il modo in cui interpretano il territorio e le ricette regionali, valorizzano i fornitori di zona con materie prime veramente fantastiche.
Noi stessi ci siamo poi rivolti a questi fornitori e abbiamo trovato materie prime (erbe, spezie, frutta ecc.) veramente eccezionali, capaci di fare la differenza anche nei drink. Giancarlo è uno dei protagonisti di ‘A la carte territorio’: con lui abbiamo voluto ricreare un suo grande piatto iconico che era il wafer di branzino con caprino e liquirizia. Ricreare drink che potessero piacere a palati particolari come quelli di chef stellati è stato impegnativo, ma ci siamo riusciti: ci sono voluti sei mesi per far uscire questa carta. Abbiamo creato drink per Chiara Pavan del Benissa, per Terry Giacomello del Nin, per Riccardo Gaspari di San Brite, per Perbellini, ognuno con sfumature diverse”.
Cason non manca, infine, di dare un consiglio a chi volesse approcciare questo tipo di miscelazione: “Sforzatevi al massimo per dare un gusto al drink. Molti tendono a creare home-made molto complessi che poi si perdono completamente nel drink. Non esagerate, tenete solo due o tre ingredienti, ma che siano esplosivi, lavorati al meglio. Concentratevi sul gusto, perché è ciò che effettivamente innamorare il cliente e lo fa tornare nel vostro locale”.
Mattia Schiaretti | Choice | Parma
Mattia Schiaretti è il fondatore del Choice, punto di riferimento a Parma per la miscelazione contemporanea. Aperto nel 2020, dal 2022 in società con Mattia c’è Luca Redolfini. Choice si è sempre distinto per una drink list con cocktail molto particolari, spesso con proposte di miscelati ispirati al mondo della ristorazione. “
Per noi la miscelazione gastronomica è importante, ma non fondamentale”, dice Schiaretti. “Credo però possa portare molti vantaggi al mondo della mixology, perché le persone sono generalmente più informate sul cibo che non sui drink, quindi, una miscelazione di questo tipo può attrarre più persone”.
Anche secondo lui parliamo di una tendenza in crescita, con contaminazioni reciproche, ma a suo avviso, tutto parte sempre dalla cucina: “Basta ragionare sul concetto di un piatto e come riprodurlo in versione liquida. Chiaramente con tutti i metodi di estrazione che abbiamo adesso è molto facile farlo. Usiamo tecniche come la chiarificazione e il washing, che permettono di utilizzare ricotte classiche, formaggi yogurt e latte di vari tipi, che in passato rendevano il drink molto pastoso o non miscelabile. Oggi, grazie alle chiarificazioni, riusciamo a inserire le proteine di questi ingredienti e a darne il sapore, così come dare una leggera morbidezza o una acidità in più se si utilizza un latte o un formaggio di capra”. I cocktail gastronomici del Choice non sono strettamente legati al territorio. “Ci piace spaziare: abbiamo riprodotto uno strudel, la Saint Honoré, la torta Camilla, la torta Paradiso”.
Non manca, però, un drink legato alla città di Parma: è quello presentato per Malvamici, un progetto del Consorzio Vini dei colli di Parma pensato per valorizzare la malvasia. “Il drink, che abbiamo chiamato Malvamia, è realizzato con Gin Campi, una cottura di erbette da cui abbiamo ricavato uno sciroppo alle erbette, ed è poi chiarificato su ricotta vaccina insieme alla sua acqua di cottura acidificata. Grazie a Gin Campi ritroviamo profumi del nostro territorio, della Pianura Padana, grazie alle erbette andiamo a esaltare ancora di più questi profumi, mentre la ricotta dà quella nota più morbida e leggermente acida”.
Secondo Schiaretti, il futuro è nel pairing: “Credo si riesca a completare e ad esaltare meglio un piatto studiando un drink che lo possa accompagnare e non tanto cercando un vino da abbinarvi. In questo modo si parte da zero, non ci si deve basare su qualcosa di già definito, come un vino”.
Giulio Virgolin | Gatti e Re | Udine
Dopo un’esperienza di quattro anni in Australia, Giulio Virgolin torna a Udine e nel 2019 apre Gatti e Re, cocktail bar che si distingue per una miscelazione creativa e raffinata, realizzata in sinergia con il bartender Eros Tosolini.
Nella drink list del locale la miscelazione gastronomica ha uno spazio importante. “Il concetto di cocktail bar, secondo me, si fonda sulla produzione home made, sul concetto della trasformazione di prodotti freschi, così come avviene per la cucina. Mixology e cucina viaggiano in parallelo, quindi un locale che vuole darsi una identità e avanzare nella tecnica deve necessariamente prendere in considerazione il mondo della gastronomia, perché da lì parte il concetto della sperimentazione”, dice Virgolin.
Anche secondo lui la miscelazione gastronomica è una tendenza in crescita e la contaminazione di esperienze tra cucina e bar può aprire nuovi confini del gusto. “Penso che la gastronomia debba avere un occhio di riguardo verso il mondo della mixology, proprio perché sono due mondi che vanno di pari passo. Pensiamo, ad esempio, alle strumentazioni utilizzate: nel nostro laboratorio non possono mancare roner per la cottura a bassa temperatura, estrattori, centrifughe, essiccatori e mini-distillatori, mentre nel mondo della ristorazione arrivano i rotavapor per le riduzioni. Fondamentalmente, le tecniche sono le stesse, ma sono applicate su codici diversi: in un caso un drink, nell’altro un piatto”.
Metà della cocktail list di Gatti e Re è basata su abbinamenti che nascono dal mondo della cucina. Un esempio è il Downtown, realizzato con Gin Neve e pensato per ricreare il sapore degli gnocchi burro e salvia: “In questo caso abbiamo fatto un lavaggio al burro sul Gin e prodotto un distillato di salvia, poi abbiamo conferito una parte fruttata con il vino rosso”. Un altro drink singolare è il King Salad: “Si tratta di un’insalata gassata”, spiega Virgolin.
“Il concetto di partenza è il radicchio con le noci. Sbollentiamo del radicchio e lo frulliamo, poi lo filtriamo insieme alla sua acqua di cottura, che uniamo a un’infusione cotta a bassa temperatura di noci con Vermuth e un po’ di miele, aceto balsamico e soluzione salina per bilanciare. Il tutto viene gassato in pre-batch e servito come una soda”.
Sul legame con il territorio, infine, Virgolin dice: “Non sono legato solo alla tradizione, ma cerco di valorizzare tutto quello che merita in termini di qualità. Abbiamo moltissime realtà locali che esprimono alta qualità e noi diventiamo una finestra anche per loro, per condividere idee e trovare nuove forme. Molte produzioni locali friulane hanno degli ottimi Vermouth e degli ottimi Gin, che in mani sapienti diventano un modo per farsi conoscere e uscire dai confini”.
Samuele Campanini | Jigger | Reggio Emilia
Barman da 17 anni, nel 2015 Samuele Campanini apre con alcuni soci, in centro a Reggio Emilia, il ristorante e cocktail bar Jigger Spiriti & Cucina, a cui segue il Rookie, situato a pochi metri di distanza.
Dal 2018 è cotitolare di The Jigger Society, azienda che si occupa della produzione di bevande alcoliche dalla forte impronta Emiliana. La drink list del Jigger è impostata completamente su una proposta di pura miscelazione gastronomica, un concetto che, secondo Campanini è la naturale evoluzione della ricerca e della sperimentazione all’interno del bar.
“Penso che alla base di tutto ci sia l’importanza di creare esperienze sensoriali complete, attraverso la combinazione di cocktail e piatti, separati o presentati nella stessa forma”, dice. “Quando parliamo di miscelazione gastronomica non ci riferiamo solo all’accostamento di ingredienti tipici della cucina nel mondo dei miscelati, ma soprattutto alla creazione di un legame profondo tra il cocktail e la cucina, che susciti emozioni e racconti storie. Alcuni locali che propongono miscelati d’autore sono sempre più portati ad attingere dagli ingredienti della vicina cucina per creare un’offerta coesa e intrigante. Poter mixare preparazioni, condividere macchinari e know-how dei professionisti è una strategia vincente per bar e cucina, perché si eliminano gli sprechi senza dover aumentare il personale, ma semplicemente facendo cooperare di più quello presente”.
Campanini aggiunge anche che la contaminazione reciproca tra miscelazione e ristorazione ha un enorme potenziale di innovazione e può aprire nuovi orizzonti nel mondo del gusto. E non solo per attrarre un pubblico più ampio: anche per creare esperienze sensoriali uniche che stimolino la curiosità delle persone e le invitano a esplorare nuovi abbinamenti e sapori. “La bellezza di questo incontro è che, mentre arricchisce il mondo della miscelazione, la rende anche più accessibile. Certo, ci sono esperimenti che possono sembrare più audaci e destinati a una nicchia, ma la vera sfida è quella di creare esperienze che possano essere apprezzate da tutti, non solo da pochi intenditori. La miscelazione gastronomica ha il potenziale di democratizzare l’alta cucina e la mixology, renderla “pop”, combinando tecnica, creatività e accessibilità. Se fatto con il giusto approccio, può diventare qualcosa di affascinante per tutti, non solo per un’élite”.
Campanini si dice fortunato per aver avuto una formazione professionale in un territorio ricco di specialità gastronomiche e culinarie: “Il miglior omaggio che posso fare è senza dubbio lavorare con i prodotti della tradizione con cui la mia terra mi ha cresciuto e valorizzarli il più possibile.
Tuttavia, sono a mio agio anche abbinando tradizione a prodotti di altre culture, inconsueti e meno conosciuti. Il mondo è pieno di sapori e gusti incredibili da scoprire e mi lascio facilmente influenzare dai luoghi che visito e dalle cucine che assaporo, perché penso sia la miglior palestra per creare nuovi abbinamenti e renderli accessibili anche a chi il viaggio lo vuole fare solamente seduto al bancone”.
Tra le numerose proposte del Jigger, segnaliamo un omaggio al pizzaiolo Gino Sorbillo, il Sorbillo Nightcup, che contiene un fat wash di vodka, mozzarella e pane tosato, liquore all’origano, cordiale all’acqua di pomodoro, sale, basilico e un Bitter all’olio di oliva.
Moda o tendenza destinata a durare?
La miscelazione gastronomica, quindi, non è solo una novità ma una tendenza ormai diffusa in moltissimi cocktail bar che ambiscono all’innovazione e alla sperimentazione.
Credo avrà un ruolo centrale nel futuro, perché avvicinerà le persone al bere miscelato di alta qualità trasferendo lo stesso messaggio dei ristoranti: le persone impareranno ad apprezzare la mano dei barman come quella degli chef, saranno incuriositi e considereranno, forse, il bar al pari del ristorante nelle destinazioni del consumo fuori casa.
Gli studi ci dicono che le nuove generazioni sono meno attratte dagli alcolici rispetto al passato, cercano una esperienza sensoriale e la gradazione del drink talvolta è un deterrente che dissuade dall’esplorare il mondo della mixology.
Per questo motivo, la nuova miscelazione analcolica e low alcol trarrà vantaggio dall’uso creativo della miscelazione gastronomica, in grado di veicolare esperienze emozionanti, ma alla portata di un pubblico più ampio.
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