di Virna Bottarelli | Da Napoli a Londra, passando per Parigi. È il viaggio compiuto da Giulia Cuccurullo, dal 2021 Head Bartender di uno tra i migliori locali della city e del mondo, l’Artesian, che nel proprio CV ha una laurea in architettura e diverse esperienze, fin dal periodo degli studi universitari, in bar e ristoranti. “Inizialmente il progetto era lavorare nei bar fino al termine degli studi di architettura e intraprendere poi la professione, ma in seguito le cose sono cambiate”, racconta. “Dopo l’ultimo esame mi sono domandata che cosa volessi fare e ho deciso di partire per Londra per migliorar l’inglese e perfezionare anche il modo di lavorare. Avevo già iniziato negli anni precedenti a viaggiare per scoprire locali diversi e diversi tipi di servizio, bar show ed eventi legati a questo mondo, che già aveva catturato la mia attenzione”. Nei progetti di Giulia Londra doveva essere una parentesi di qualche mese, invece la permanenza dura quattro anni e, dopo un’esperienza a Parigi, diventa definitiva. “In questi anni ho lavorato in diversi tipi di bar, alberghi, ristoranti, street bar, ma non ho mai cambiato il mio stile: sono sempre stata convinta che a prescindere dal luogo in cui si lavora, l’attenzione al cliente e il proprio tocco personale non possano mai mancare”.
Che cosa ti ha attratto inizialmente del mondo della miscelazione e del bartending?
Mi piaceva la possibilità di interagire con tante persone diverse, provare a capire che cosa cercano e come poter offrire loro un’esperienza a tutto tondo. A fare la differenza nel bartending, infatti, non è solo il drink, ma tutto quello che vi ruota intorno, a cominciare dalla ricerca dei sapori, di come estrapolarli, come abbinarli in modo che funzionino e sorprendano.
Come ti sei ambientata a Londra, una città apparentemente così diversa dal tuo luogo di origine?
Non è stato difficile: la città mi era familiare, perché la visitavo tutti gli anni per andare alla scoperta di tendenze e nuovi stili. E le persone conosciuto proprio durante questi viaggi si sono rivelate molto disponibili, accoglienti e amichevoli. Senza dubbio Londa è particolare, ha ritmi propri e tante caratteristiche che la rendono diversa da qualsiasi altra città, ma la differenza la fa sempre il modo di affrontare e vivere le esperienze: se ti senti “costretto” qui, allora credo non troverai mai la tua dimensione. Il segreto per me sta nel pensare di avere sempre un’alternativa e che stare in un luogo piuttosto che in un altro è una tua decisione. Per me Londra è stata una mia scelta.
Hai raggiunto una grande popolarità nel 2020 aggiudicandoti la Patron Perfectionists Cocktail Competition. Che cosa è successo da lì in poi nella tua carriera?
Nell’immediato non è cambiato molto. Ho avuto più popolarità, è vero, ma non ho mai cambiato il modo di lavorare o di impegnarmi in quello che faccio. Dopo aver vinto la Global di Perfectionist è arrivato il Covid, quindi, tutto si è un po’ fermato e c’è stato un momento di re-set per tutti. Molti, tra l’altro, hanno lasciato il campo, io, invece, non avevo dubbi. Quando abbiamo riaperto, ho assunto il ruolo di Head Bartender all’Artesian, dove già lavoravo, e, a dire la verità, quello è stato il cambiamento che mi ha dato più popolarità in Italia. Il locale è sempre stato, e sempre sarà, un simbolo di bellezza nell’immaginario di tutti i bartender italiani. Certo, la promozione ha significato anche fatica e difficoltà: “Artesian is a beast”, è impegnativo, ma dà anche grandi soddisfazioni. Il team è fantastico e posso dire con certezza che senza di loro non avrei mai avuto la possibilità di fare niente, come fare il giudice a molte Patron Perfectionist in giro per il mondo per due anni. Insomma, le vittorie ti danno popolarità, perché accendono i riflettori e diventi nota anche per chi prima non ti conosceva, ma poi è quello che fai dopo che conta. E poi, puoi anche non vincere, ma devi sempre provare a dare il meglio di te.
Il settore della miscelazione e dei locali, invece, è cambiato molto in questi quattro anni?
C’è stato un cambiamento sul lato della richiesta e, di conseguenza, il settore ha subito a sua volta un cambiamento. cambiata la richiesta e, di conseguenza, il settore ha subito un cambiamento. I clienti sono più attenti a quello che bevono, agli ingredienti dei drink e alle preparazioni, per cui noi al bancone dobbiamo avere una conoscenza ancora maggiore dei prodotti e delle metodologie. Si vedono anche più preparazioni “minimaliste”, perché si cerca di conquistare puntando più sulla sostanza, ma resta il fatto che qualche volta anche l’apparenza è importante, fa divertire. E c’è una nota diversa anche nello stile dei bar, che sono diventati meno “seriosi”, perché anche il divertimento fa parte dell’esperienza che il cliente porta con sé una volta uscito dal locale.
Qual è il cocktail al quale sei più affezionata?
Credo di averne due. Uno è mio ed è quello con il quale ho vinto la Patron Perfectionist, si chiama “the Bridge” e rappresenta la mia connessione tra la vita passata e quella attuale. L’ho realizzato con Patron Silver, Vermouth ambrato, cordiale di rabarbaro e acqua di pomodoro. Mi ha dato tanto e continua a farlo. Il secondo è il “Tommy’s Margarita”, l’ho bevuto la prima volta dalle mani di Julio, il suo inventore, e grazie ad esso ho scoperto tutte le declinazioni che può avere un cocktail con Agave. Quella nel suo bar fu un’esperienza molto bella, indimenticabile, e da allora questo cocktail mi ha conquistata.
Qual è secondo te il fattore vincente che una bartender deve possedere per avere successo? E che cosa significa, per te, avere successo?
In primis, non credo ci sia differenza tra un uomo e una donna che fanno il nostro mestiere. Poi sono convinta che il fattore vincente sia l’autenticità: se sei sempre fedele a te stesso e lavori sodo perché il lavoro ti piace, gli altri lo percepiscono, la tua passione si vede. Tuttavia, ogni tanto bisogna uscire dalla comfort zone e fare cose diverse da quelle alle quali si è abituati. Nel mio caso si è trattato di partecipare alle competizioni, una scelta che ho compiuto per spingermi ad affrontare la “paura del palco”. Del resto, a volte la spinta te la devi dare da solo. Sul successo, invece, credo che ogni definizione sia soggettiva. Secondo me successo è essere in pace con sé stessi, essere felici di quello che si fa e di come lo si fa. In caso contrario, si diventa “bitter”. E a noi il bitter piace nei drink, non nei mood!
Chi è Giulia Cuccurullo
Nata a Napoli, vive nella città partenopea fino al 2013, quando decide di trasferirsi a Londra. È laureata in architettura, ma la sua passione per il mondo della miscelazione l’ha portata a calcare la scena internazionale del bartending. Nel 2020 ha vinto la Patron Perfectionists Cocktail Competition, il concorso ideato dal marchio Patròn Tequila, e dal 2021 è Head Bartender dell’Artesian di Londra, locale che per diverse volte si è aggiudicato il titolo di World’s Best Bar. Tra i più recenti riconoscimenti nella sua bacheca c’è il Premio Sgrappa Bartender Italiano all’Estero dell’Anno, ricevuto lo scorso gennaio.