Vermouth, una strana storia italiana    

di Luca Tesser |  Il Vermouth è uno di quei prodotti che rappresentano l’eccellenza italiana nel mondo e uno dei primi a essere esportato dal XIX secolo. Non a caso negli Stati Uniti “Martini” è la seconda parola italiana più conosciuta, dopo Pizza. Quella di questo vino fortificato è una storia eccezionale che, tuttavia, nei suoi risvolti sociali, lascia l’amaro in bocca, perché la stragrande maggioranza degli italiani lo considera un ingrediente da utilizzare in miscelazione e non una bevanda da gustare da sola. Ed è qui l’aspetto incredibile, perché così facendo si è persa l’essenza di un prodotto che dovrebbe far parte della nostra cultura e delle nostre tradizioni. Solo ora in Italia stanno rinascendo le vermuterie, ma dov’erano finite? In Spagna, ad esempio, sono presenti circa 14mila vermuterie e gli spagnoli da sempre usano bere Vermouth liscio. Questo dimostra che in altri Paesi il consumo al dettaglio di questa bevanda non è mai cessato: in Argentina, ad esempio, sui tavoli dei bar troviamo le bottiglie di selz per completare il proprio Vermouth direttamente al tavolo. Il bicchiere di Vermouth liscio, o con ghiaccio e una fettina di arancia, o con selz, dovrebbe essere un’abitudine anche in Italia, dove il Vermouth è nato, ma non è così. Per un italiano pensare al Vermouth significa, infatti, pensare a un Americano o a un Negroni. È un fatto alquanto curioso, soprattutto considerando quanto si è investito in questi anni per rivalutare questo prodotto.

Un po’ di storia

Vermouth CarpanoPer comprendere le dinamiche del consumo di Vermouth in Italia dobbiamo ripercorrerne la storia nel nostro Paese e capire come mai ad un certo punto si è perso interesse nei suoi confronti. O, perlomeno, capire come siano cambiati gli obiettivi dei produttori e come si è cercato poi di riattribuirgli la sua importanza storica. Antonio Benedetto Carpano, a Torino, inventò il Vermouth alla fine del XVIII secolo. Si trattava di un vino fortificato e nello specifico di un vino moscato miscelato con erbe e spezie. Il laboratorio di Carpano si trovava proprio davanti al Palazzo Reale di Torino e il legame con i Savoia fu determinante per l’immediato successo di questo nuovo prodotto. Nel corso del XIX secolo il Vermouth Carpano divenne la bevanda prediletta dei torinesi, così come degli abitanti di tante altre città d’Italia. A Martini, invece, dobbiamo la diffusione del Vermouth nel mondo, tanto da far diventare il nome “Martini” sinonimo di Vermouth. Nel 1863 Alessandro Martini, Teofilo Sola e Luigi Rossi fondano la Martini e Rossi, che si espande agli inizi del 1900 e diventa, negli anni Cinquanta, un colosso di livello mondiale. Nascono, in questo periodo, le celebri “Terrazze Martini” che contribuiscono a fare entrare Martini nella leggenda. Fino a poco più di una decina di anni fa i Vermouth che si conoscevano in Italia erano pochissimi e su tutti spiccavano proprio Martini e Carpano. Lo stesso nome Martini, come detto, era diventato sinonimo di Vermouth: dagli anni Settanta fino a una decina di anni fa, era questo il Vermouth per eccellenza, seguito da Carpano e Cinzano. Oggi invece la proposta è vastissima, arricchita grazie al recupero o al rilancio di marchi storici e con diverse novità, alcune nel segno della tradizione e altre con uno spirito più innovativo. Il mercato è diviso in due: da una parte c’è il Vermouth commerciale e dall’altra il Vermouth nel segno della qualità e dell’eccellenza. Nei migliori cocktail bar del mondo marchi come Cocchi, Mulassano, Carlo Alberto, Carpano Antica Formula e Vermouth del Professore hanno sostituito il classico Martini Rosso. Tuttavia, il problema del consumo di Vermouth al dettaglio rimane e non si riesce del tutto a ridare a questo prodotto l’importanza che gli spetterebbe come aperitivo storico italiano. Quello che si sta facendo è, essenzialmente, nobilitare alcuni drink legati al Vermouth: dal Negroni al Manhattan, dal Martinez al Boulevardier.

Un prodotto da valorizzare

Se a Carpano dobbiamo l’invenzione di questo vino fortificato dal sapore intenso e aromatico, quindi, a Martini va il merito di averlo diffuso in ogni angolo del pianeta e, in particolare, negli Stati Uniti, dove è iniziato il suo sodalizio con la miscelazione, per la quale è indubbiamente un ingrediente prezioso ed essenziale. Tuttavia, proprio il suo apporto nella storia della miscelazione mondiale ha contribuito a favorirne la versione più commerciale rispetto a quella di qualità e, sebbene negli ultimi tempi lo si sia rivalutato come prodotto di eccellenza, non si è riusciti a riportarlo al suo utilizzo più ovvio e a valorizzarlo come protagonista del bere bene. Nessun prodotto come il Vermouth rappresenta, infatti, l’aperitivo perfetto e sarebbe bello pensare a un futuro dove la sua valenza culturale sia nuovamente predominante. A quanto pare, però, c’è ancora molto lavoro da fare.


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