Bitter, consigli per l’uso

di Luca Tesser

Il Bitter è un ingrediente essenziale per la miscelazione. La sua funzione è di completamento, nel senso che ha la proprietà di donare al cocktail quelle note di gusto e olfattive che determinano il suo carattere finale. Il fatto che si usi in gocce potrebbe farlo apparire come non determinante, ma in realtà non è così: la sua presenza all’interno del cocktail è necessaria e finalizzata al completamento strutturale del drink.

Anche se oggi in commercio se ne trovano di analcolici, il bitter è un preparato alcolico ottenuto attraverso l’infusione di spezie, radici, cortecce o qualsiasi altro elemento, dal gusto spiccatamente amaro.

Nato come Elisir, ossia come preparato medico il cui utilizzo era finalizzato alla cura di disturbi fisici, in particolare di tipo gastrico, lo si assumeva solitamente in gocce o aggiunto a bevande dolci. Nel corso del XIX secolo diviene un ingrediente fondamentale per la preparazione di cocktail: da quel momento drink come il Manhattan, il Sazerac o il Martinez non sono concepibili senza l’Angostura Bitter, il Peychaud’s Bitter e l’Orange Bitter.

Come utilizzare il Bitter

Nei cocktail della miscelazione classica, il Bitter è un ingrediente fondamentale: il cocktail classico, infatti, è definito come una miscela a base alcolica che abbina uno o più distillati, acqua, zucchero e, appunto, Bitter, la parte amara. Ma come si utilizza un Bitter? Tecnicamente ci sono due modalità: utilizzarlo sulla superficie del cocktail finito o direttamente mentre lo si prepara. In gergo, tali modalità si definiscono in “orizzontale” o in “verticale”. Nel primo caso utilizzeremo, mettendo sulla superfice del cocktail finito qualche goccia di Bitter, questo, depositandosi solo sullo strato superficiale del drink, apporterà un effetto in particolare olfattivo e di gusto solo in entrata, senza amalgamarsi con il resto del cocktail. Nel secondo caso lo inseriamo direttamente in preparazione, nel Mixing Glass e le sue aromatiche saranno diffuse, divenendo parte della struttura verticale, appunto, del cocktail.

Una scelta vastissima

Il mondo dei Bitter è estremamente interessante, soprattutto quando si esce dagli schemi “classici” o dalla singola botanica, ma è anche un mondo di difficile comprensione: a volte non si parla nemmeno di un gusto definito, ma di bouquet, a cui si danno nomi di fantasia. Il consumatore è spesso indotto ad acquistare a “scatola chiusa”, accumulando così raccolte infinite di prodotti comprati sulla base dell’ispirazione del momento.  Se un tempo in un cocktail bar, e in commercio, trovavamo solo qualche referenza, fra cui i Bitter essenziali come Angostura, Orange e Peychaud’s, da una decina d’anni, grazie anche ad una rinascita della miscelazione in stile “classico”, in bella mostra sui banconi dei cocktail bar sono esposte centinaia di tipologie di Bitter. La rinascita di questo prodotto ha portato indubbi benefici per la miscelazione, offrendo ai bartender più possibilità di creare sfumature e note di gusto nei cocktail, ma c’è un aspetto da non trascurare: il Bitter deve essere utilizzato in maniera corretta, con uno scopo funzionale e non semplicemente come aggiunta superflua.